Anche la redazione di KoobCamp in questo periodo sta lavorando in smart working combattendo una situazione psicologica sconosciuta. Le vacanze che in questo periodo dell’anno dovevano essere in via di progettazione sono state messe in stand-by, anche se sono un ottimo rimedio di distrazione e che ci proiettano in un futuro migliore.
In questo scenario abbiamo anche noi sentito il desiderio di approfondire questi temi e sentimenti che ci stanno inondando e che spesso non riusciamo a capire e gestire.
Ne abbiamo parlato con la Psicologa Giusi Caruso.
Nei programmi di educazione emotiva, si insegna che le emozioni sono tutte importanti e hanno tutte una funzione. (Alzi la mano chi non ha visto, o sentito parlare del film Inside Out!) Anche quelle che non vorremmo provare hanno una precisa utilità.
La paura ci serve per sopravvivere, ci aiuta a fiutare un pericolo e ci predispone a difenderci da esso. Quando poi ci troviamo davanti alla paura di morire, il nostro cervello convoglia tutte le energie verso i due sistemi di difesa più primordiali: l’attacco e la fuga. Nel corso della nostra evoluzione, poi, abbiamo, modificato le modalità con cui mettiamo in atto queste difese primordiali, ma le dinamiche alla base delle diverse reazioni richiamano sempre quelle due risposte.
L’emergenza Coronavirus ha messo tutta la popolazione nella condizione di avere paura e, soprattutto all’inizio, alcuni di noi hanno preferito attaccare e altri fuggire: c’è chi si è chiuso in casa fin da subito e ha attuato tutti i provvedimenti possibili per combattere il contagio. Altri hanno preferito negare la gravità del fenomeno, continuando a fare la vita di tutti i giorni e, anzi, minimizzando e quasi sbeffeggiando il reale pericolo.
Purtroppo, però, è arrivato il momento in cui tutti abbiamo dovuto fare i conti con la realtà e con la gravità della situazione e ci ritroviamo ad affrontare una quarantena forzata e la paura di qualcosa di più grande di noi, di sconosciuto e incontrollabile. Anche trovare consolazione, distrazione e svago nella nostra vita quotidiana non è più una strada percorribile, perché la quotidianità non c’è più. Le vie di fuga sono drasticamente ridotte, ci sentiamo in gabbia, il nemico è sconosciuto e incontrollabile, non sappiamo nemmeno come attaccare. Ne deriva una situazione di stallo, di blocco, di senso di impotenza e una conseguente intensa angoscia.
E allora, come si può sbloccare questa situazione?
- Normalizzare, che non significa sminuire ma accettare che in questo periodo tutti abbiamo paura. Se abbiamo paura vuole dire che in noi tutto sta funzionando bene. Abbiamo avvertito un pericolo, abbiamo tolto tutte le energie da attività non finalizzate alla nostra sopravvivenza per canalizzarle verso il riconoscimento e il combattimento del pericolo.
- Razionalizzare. Vuol dire anche trovare uno spazio di controllo all’interno dell’incontrollabile, in modo da percepire che si stanno mettendo in atto tutte le difese possibili e aumentare il grado di sicurezza percepita e abbassare un po’ il senso di allarme. Nel caso del Coronavirus questo obiettivo può essere raggiunto rispettando tutte le norme per prevenire il contagio, ad esempio.
- Salvaguardare il più possibile la normalità. Continuare a mantenere una scansione netta dei giorni e dei ritmi, programmare le attività, trovandone di nuove e attuabili in regime di quarantena magari, differenziare il sabato e la domenica dagli altri giorni. Fare in modo che i nostri ritmi vengano stravolti il meno possibile ci aiuta a contenere l’angoscia.
- Prendersi cura di se stessi. Curare l’alimentazione, l’aspetto fisico e il lato estetico vuol dire mettere il nostro benessere al centro delle nostre attività e concentrarsi sulla nostra parte sana e alimentarla, lasciando da parte almeno ogni tanto l’angoscia.
- Combattere l’isolamento. La tecnologia fortunatamente oggi è una grande risorsa e può permetterci di rimanere in contatto con amici e familiari facilmente e frequentemente. Oggi esistono parecchie applicazioni che permettono la condivisione di momenti anche a distanza, partite a carte per esempio. E poi, si possono sempre organizzare aperitivi, cene e merende in videochiamata e tutto ciò che la fantasia ci può suggerire.
- Limitare la ricerca di informazioni. Il rischio è di essere sottoposti a continue sollecitazioni di allarme, peraltro inutilmente. Meglio selezionare delle fonti attendibili e il più possibile obiettive e consultarle 1-2 volte al giorno.
- Recuperare. Approfittare del tempo a disposizione per fare quello che non si è riusciti ancora a fare: un corso di lingua per esempio. In questo periodo, poi ci sono molte risorse gratuite on line come le visite dei musei e corsi di diverse discipline.
- Progettare. Per quanto ancora non sappiamo come e quando questo periodo finirà, pensare che ci sarà un dopo e come sarà ci aiuta a concepire questo momento di angoscia come limitato, con un termine. Pensare al dopo vuol dire pensare che tutto questo finirà e cominciare a godere già da ora della propria libertà. Le vacanze sono l’esempio perfetto: sogno di tutto un anno lavorativo, rappresentano l’occasione per fare quello che non si è riusciti a fare prima, libertà e occasioni nuove.
A corredo dei preziosi consigli della nostra Psicologa possiamo segnalare che molti campeggi e villaggi inoltre stanno venendo incontro ai turisti con offerte di vacanze flessibili, voucher e servizi aggiuntivi. Non disperiamo quindi: arriverà il momento di goderci in pieno le vacanze, apprezzando magari anche le piccole gioie della vita.